05/03/2011 :: 17:5:21

Il Mattino del 5 marzo 2011
In campo per continuare la svolta

Il Mattino del 5 marzo 2011
Da Il Mattino 05/03/2011
di Gianni De Blasio
Già nell’estate aveva detto che si sarebbe candidato, ma Fausto Pepe, per ottenere di essere indicato quale aspirante al secondo mandato da sindaco ha dovuto attendere mesi.Ha tribolato, non ha tentennato neppure quando sembrava che fosse il suo stesso partito a metterlo in discussione, si è armato di una pazienza degna del mitico Giobbe sopportando pure atteggiamenti bislacchi di alcuni consiglieri, ma alla fine l’ha spuntata: è ancora il condottiero del centrosinistra.
Più difficile la candidatura o la ricandatura?
«Per alcuni versi sicuramente più difficile la ricandidatura. Questa volta ho dovuto far emergere, insieme a tanti altri amici, una linea comune prima interna al Pd, e poi sul tavolo della coalizione: un progetto di cambiamento della città ben percepito dai cittadini».
Ammetterà che è un pò paradossale: lei oggi aveva dalla sua parte il bilancio di cinque anni di amministrazione.
«Paradossale relativamente. Le vicende dei partiti sono completamente cambiate rispetto al 2006. Oggi abbiamo più da perdere, essendo un’amministrazione uscente, visto che si sono create attese e speranze diverse. Oggi bisogna mettere al primo posto le necessità della città, i programmi in favore dei beneventani, e immaginare una prospettiva di nuovo sviluppo».
Di programmi, però, fino ad oggi i partiti della coalizione non hanno parlato affatto.
«Noi abbiamo una necessità: riacquisire una modalità di cambiamento a servizio della città. Partiamo dai nostri programmi, dall’azione amministrativa svolta, dai progetti che vanno completati, e questo ci faciliterà nella realizzazione di un pacchetto di proposte ed iniziative che possano qualificare la nuova compagine amministrativa».
«Per alcuni versi sicuramente più difficile la ricandidatura. Questa volta ho dovuto far emergere, insieme a tanti altri amici, una linea comune prima interna al Pd, e poi sul tavolo della coalizione: un progetto di cambiamento della città ben percepito dai cittadini».
Ammetterà che è un pò paradossale: lei oggi aveva dalla sua parte il bilancio di cinque anni di amministrazione.
«Paradossale relativamente. Le vicende dei partiti sono completamente cambiate rispetto al 2006. Oggi abbiamo più da perdere, essendo un’amministrazione uscente, visto che si sono create attese e speranze diverse. Oggi bisogna mettere al primo posto le necessità della città, i programmi in favore dei beneventani, e immaginare una prospettiva di nuovo sviluppo».
Di programmi, però, fino ad oggi i partiti della coalizione non hanno parlato affatto.
«Noi abbiamo una necessità: riacquisire una modalità di cambiamento a servizio della città. Partiamo dai nostri programmi, dall’azione amministrativa svolta, dai progetti che vanno completati, e questo ci faciliterà nella realizzazione di un pacchetto di proposte ed iniziative che possano qualificare la nuova compagine amministrativa».
Quale sindaco uscente, sperava forse in una riproposizione automatica?
«Sarebbe stata una aspirazione legittima, dopo avere interpretato al meglio il mio ruolo di sindaco, avendo fornito più di una testimonianza rispetto agli impegni assunti con la città e la coerenza che ha sempre caratterizzato il mio operare. Ad esempio, quando ho garantito al centrosinistra ed al governo cittadino una continuità nel rispetto del mandato dato dai beneventani. D’altra parte il Pd è un partito dalle grandi dimensioni, e come tutti i grandi contenitori politici, ha al suo interno diverse posizioni e diverse sensibilità che vanno rispettate anche per dare maggiore forza all’azione che viene esplicitata».
A mettere in dubbio il Pepe-bis è stata parte della sua stessa giunta. Si è sentito per certi versi tradito?
«No, io ritengo che non siano queste le chiavi di lettura. Io con la mia Giunta ho sempre lavorato in favore delle politiche di sviluppo e amministrazione della città. Altre condizioni hanno trovato riverberi all’interno del Pd: comunque si tratta di un esercizio di grande democrazia che aiuta la produzione di un nuovo indirizzo che possa risultare maggiormente calzante alle esigenze del territorio. Non è un caso se tutti i rappresentanti dell’esecutivo cittadino sono a supporto della mia ricandidatura».
Scusi, ma non è stato un suo assessore, Iadanza, ad offrire la propria disponibilità in alternativa alla sua?
«C’è stata l’aspirazione di qualche assessore che pensava di poter rappresentare una linea di principio diversa. Io credo che la questione sia stata affrontata non solo dal Pd, ma anche dal resto della coalizione: il risultato è sotto gli occhi di tutti. Le diversità non sono sempre un problema, anzi io ritengo si tratti di un’opportunità».
Su preciso input del partito, lei ha dovuto minacciare di revocare il presidente dell’Amts e ”consigliare” le dimissioni all’assessore ai Lavori pubblici. Sia sincero, senza la necessità della reinvestitura, lo avrebbe fatto?
«Io non ho mai prodotto azioni che non avessero la finalità di garantire la completa e complessa cristallinità dell’azione amministrativa. Ho sempre avuto grande rispetto e fiducia nell’azione delle persone che con me hanno condiviso un percorso in questi anni. Ma, oltre alla mia fiducia, credo sia stato utile da parte loro un aiuto nel concludere positivamente questa vicenda. Sono d’altronde contento per la sensibilità da essi evidenziata, così come pure dalla conclusione di alcune vicende, come quella che ha interessato l’assessore Damiano».
Rispetto a cinque anni fa, a suo sostegno non ci sono più l’Udeur e, almeno per ora, l’ex Sdi oggi Api: è preoccupato?
«Non ritengo di dover essere preoccupato. Evidente che la crisi dei partiti e in generale quella che investe il tessuto sociale ed economico delle città come Benevento, possa preoccupare le persone. Al di là dell’Udeur, di cui buona parte della classe dirigente è rimasta a sostegno dell’amministrazione, con l’Api il ragionamento è ancora aperto».
In presenza di uno scenario politico diverso, lei non sarebbe stato sostenuto da Del Basso De Caro che, come noto, sponsorizzava Iadanza, nell’ottica di un’alleanza, sia pur al secondo turno, con Viespoli. Ha temuto che si saldasse tale intesa?
«Non ho mai temuto tale evenienza. Anche all’interno del Pd abbiamo sempre discusso di questi possibili scenari. Io credo sia stato giusto riproporre questa squadra che ha ben lavorato: il problema non è solo sulle alleanze ma anche sulla qualità degli uomini e sulle qualità degli stessi».
Nardone è praticamente in campo. Cosa sente di dirgli?
«Non posso fargli gli auguri, perché non terrebbero conto della mia posizione. Posso confermare che è stato un mio sponsor nella campagna 2006, festeggiando la vittoria del centrosinistra a Benevento dopo 13 anni. L’ho sempre valutato quale punto di riferimento del centrosinistra e credo che dovrebbe ritornare in questo alveo».
È quasi un anno da quando lei preannunciò l’approvazione del Puc, che poi non c’è mai stata. Di chi la responsabilità
«È una vicenda difficile da declinare. Noi abbiamo fatto un’azione importante, realizzando la bozza, approvandola in Giunta e seguendo con successo tutto l’iter amministrativo che ne consegue. Oggi è all’attenzione del Consiglio Comunale: in questo momento di particolare difficoltà politica, lo dico alla maggioranza e all’opposizione, non si può immaginare il ruolo di consigliere se non partecipando alle riunioni del massimo organo rappresentativo della città, quindi spero che si possa andare prossimamente in Consiglio per la discussione sul punto. In ogni caso, se non sarà l’ultimo atto di questa amministrazione, sarà il primo della prossima consiliatura».
Quali le cose che avrebbe voluto fare e non è riuscito?
«Oltre al Puc avrei voluto approvare le Manifestazioni di interesse. Abbiamo un programma di edilizia residenziale pubblico per 250 alloggi più altri 60. Sarebbe una risposta per calmierare i prezzi delle case in città. Abbiamo avuto anche qui l’approvazione da parte della Regione Campania, anche qui è chiamato a dare il proprio parere il Consiglio. La considerazione è questa: i consiglieri devono valutare quale siano gli interessi della città. I rimpianti sono pochi perché sono molte di più le cose che abbiamo fatto rispetto a quelle che avremmo semplicemente voluto fare».
«Sarebbe stata una aspirazione legittima, dopo avere interpretato al meglio il mio ruolo di sindaco, avendo fornito più di una testimonianza rispetto agli impegni assunti con la città e la coerenza che ha sempre caratterizzato il mio operare. Ad esempio, quando ho garantito al centrosinistra ed al governo cittadino una continuità nel rispetto del mandato dato dai beneventani. D’altra parte il Pd è un partito dalle grandi dimensioni, e come tutti i grandi contenitori politici, ha al suo interno diverse posizioni e diverse sensibilità che vanno rispettate anche per dare maggiore forza all’azione che viene esplicitata».
A mettere in dubbio il Pepe-bis è stata parte della sua stessa giunta. Si è sentito per certi versi tradito?
«No, io ritengo che non siano queste le chiavi di lettura. Io con la mia Giunta ho sempre lavorato in favore delle politiche di sviluppo e amministrazione della città. Altre condizioni hanno trovato riverberi all’interno del Pd: comunque si tratta di un esercizio di grande democrazia che aiuta la produzione di un nuovo indirizzo che possa risultare maggiormente calzante alle esigenze del territorio. Non è un caso se tutti i rappresentanti dell’esecutivo cittadino sono a supporto della mia ricandidatura».
Scusi, ma non è stato un suo assessore, Iadanza, ad offrire la propria disponibilità in alternativa alla sua?
«C’è stata l’aspirazione di qualche assessore che pensava di poter rappresentare una linea di principio diversa. Io credo che la questione sia stata affrontata non solo dal Pd, ma anche dal resto della coalizione: il risultato è sotto gli occhi di tutti. Le diversità non sono sempre un problema, anzi io ritengo si tratti di un’opportunità».
Su preciso input del partito, lei ha dovuto minacciare di revocare il presidente dell’Amts e ”consigliare” le dimissioni all’assessore ai Lavori pubblici. Sia sincero, senza la necessità della reinvestitura, lo avrebbe fatto?
«Io non ho mai prodotto azioni che non avessero la finalità di garantire la completa e complessa cristallinità dell’azione amministrativa. Ho sempre avuto grande rispetto e fiducia nell’azione delle persone che con me hanno condiviso un percorso in questi anni. Ma, oltre alla mia fiducia, credo sia stato utile da parte loro un aiuto nel concludere positivamente questa vicenda. Sono d’altronde contento per la sensibilità da essi evidenziata, così come pure dalla conclusione di alcune vicende, come quella che ha interessato l’assessore Damiano».
Rispetto a cinque anni fa, a suo sostegno non ci sono più l’Udeur e, almeno per ora, l’ex Sdi oggi Api: è preoccupato?
«Non ritengo di dover essere preoccupato. Evidente che la crisi dei partiti e in generale quella che investe il tessuto sociale ed economico delle città come Benevento, possa preoccupare le persone. Al di là dell’Udeur, di cui buona parte della classe dirigente è rimasta a sostegno dell’amministrazione, con l’Api il ragionamento è ancora aperto».
In presenza di uno scenario politico diverso, lei non sarebbe stato sostenuto da Del Basso De Caro che, come noto, sponsorizzava Iadanza, nell’ottica di un’alleanza, sia pur al secondo turno, con Viespoli. Ha temuto che si saldasse tale intesa?
«Non ho mai temuto tale evenienza. Anche all’interno del Pd abbiamo sempre discusso di questi possibili scenari. Io credo sia stato giusto riproporre questa squadra che ha ben lavorato: il problema non è solo sulle alleanze ma anche sulla qualità degli uomini e sulle qualità degli stessi».
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